THE PARK - KOHEI YOSHIYUKI


THE PARK - KOHEI YOSHIYUKI


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Ponente e Levante

“Un brillante lavoro di documentazione sociale che cattura la solitudine, la tristezza e la disperazione che così spesso accompagna le relazioni sessuali o umane in una grande e dura metropoli come Tokyo”

Martin Parr (“The Photobook: A History, Volume III”)


Incuriosito da quest’opera, ne ho chiesto un’opinione a vari miei amici ed amiche giapponesi. Le loro risposte, pur non sorprendendomi , mi hanno colpito per la distanza siderale con il commento di Parr. A seconda dei casi, i termini più usati sono stati “divertente, buffo, condivisione, allegria, piacere”.

 

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Untitled © Kohei Yoshiyuki

 

Lascio a chi legge il gusto di provare a scoprire il perché dell’abisso fra l'interpretazione del famoso fotografo Magnum ed i commenti dei miei sconosciuti amici.
In ogni caso, avendo vissuto per lungo tempo in Giappone, vi prego di credermi: tentare di decodificare il pensiero giapponese è uno degli esercizi mentali più gratificanti (ed a volte anche più difficili!) che esistano. Io qui, umilmente, mi limiterò a presentare e commentare il libro dell’enigmatico fotografo giapponese conosciuto con lo pseudonimo di Kohei Yoshiyuki.

 

Chi guarda chi?

 

“The Park” racconta le sue peregrinazioni notturne in 2 diversi parchi di Tokyo, Shinjuku e Yoyoghi, fotografando persone che osservavano ed in alcuni casi toccavano coppie di amanti (etero ed omosessuali, consenzienti e non) in atteggiamenti intimi.

Tutto in bianco e nero con pellicola e flash ad infrarossi. Composizione, fuoco, grana ed illuminazione delle fotografie sono meravigliosamente imperfette e quindi in totale sintonia con la realtà rappresentata. Nel 2007 è uscita una nuova edizione del libro edita da Radius Book, 71 immagini e 161 pagine, arricchita da un importante ed esaustivo apparato critico/ iconografico e dalla presenza di alcune immagini tratte da un altro lavoro di Yoshiyuki sui famosi Love Motel giapponesi.

Partiamo dal dire che tutto quello che lui ha fatto tra il 1971-72 (anno d’inizio del progetto e prima pubblicazione sulla rivista Shukan Schincho) ed il 1979 (anno di completamento e di esposizione alla Komai Gallery di Tokyo) era totalmente, indiscutibilmente e pericolosamente illegale. Secondo la legge nipponica. E di sicuro in Giappone sulle regole non si scherza.

Non a caso Yoshiyuki distrusse le stampe una volta terminata la mostra e quelle foto non sono mai più state esposte fino al 2007 a New York presso la Yossi Milo Gallery. In più, nonostante tutto, anche ora pochi al mondo conoscono la sua vera identità. Le uniche cose che si sanno è che è nato nella prefettura di Hiroshima nel 1946 e che, forse, lavorò dagli anni ’80 in poi come fotografo di studio per eventi e ritratti di famiglia. La vita è crudelmente ironica a volte...
In ogni caso, ci tenevo a sottolineare la dimensione “criminale” di questo lavoro perché solo così si può comprendere quel che credo abbia spinto KY a rischiare la propria libertà:
un’assoluta e profonda curiosità per un mondo oscuro, di confine ed irresistibilmente “attraente”.
Probabilmente la stessa motivazione che spinge noi, 40 anni dopo, a guardare quelle stesse immagini.
Nei suoi scatti c’è molto più che la documentazione dei costumi sociali o delle tendenze erotiche del Giappone degli anni ’70. Si potrebbe quasi dire che “The Park” evochi in realtà sensazioni, tensioni ed istinti semplicemente umani, senza luogo ne’ tempo. In un circolo vizioso dove i piani d’osservazione si mescolano continuamente ed in cui la fotografia esprime al massimo le sue potenzialità di strumento sia di partecipazione che di osservazione. Esserci e non esserci. Dentro e fuori. Io e loro.

“Il mio intento era di catturare quello che succedeva nei parchi, quindi non ero un vero vouyer come loro. Ma credo che in un certo senso l’atto di fotografare stesso sia vouyeristico. Perciò io potrei essere un vouyer perché sono un fotografo.”

(Kohei Yoshyuki, intervista via mail con il New York Times, 2007)


 

十人十色 (juu nin too iro)...

 

...dieci persone, dieci colori.

Questo è un antico modo di dire nipponico sull’importanza e la varietà dei vari punti di vista sulle cose della vita. Ecco il mio riguardo a “The Park”: non è ne’ cupo e morboso ne’ sereno e distaccato ma vive in un limbo e da lì trae la sua forza. Tutto questo però senza le zavorre intellettualoidi del pensiero razionalista o, peggio ancora, della fotografia concettuale. Semplicemente...

  • KY una notte del 1971 passeggia con un suo amico attraverso Shinjuku Koen a Tokyo e vede alcune persone avvicinarsi furtivamente ad una coppia che si scambia effusioni varie

  • KY rimane affascinato non tanto dai due amanti quanto dagli uomini che li guardano partecipi

  • KY si avventura in vari parchi cittadini per circa 6 mesi senza scattare nemmeno una foto perché vuole prima vivere e conoscere quel mondo ed allo stesso tempo farsi conoscere dai suoi abitanti

  • KY inizia un progetto che durerà la bellezza di 8 anni

  • Chiunque guardi le sue foto torna a quella sera del 1971 a Tokyo.

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Untitled © Kohei Yoshiyuki


 

Come detto da Martin Parr, il quale ha avuto il grande merito di far conoscere Yoshiyuki al grande pubblico occidentale, la solitudine e la tristezza forse sono parte di questa geniale serie fotografica. Ma se lo sono, credo sia solo di riflesso. Come in uno specchio.

In una società in profondo cambiamento come quella giapponese dei decenni seguenti la II Guerra Mondiale, dove ogni consuetudine (incluse le norme etico/morali) si contraeva e si espandeva a ritmi vertiginosi in una spirale spesso fuori controllo, le foto di Yoshiyuki sono una testimonianza indiretta del bisogno di contatto, fisicità e lussuria “non socialmente accettabili” che difficilmente trovava e trova libero sfogo nel Giappone moderno. E, chi lo sa, anche in molti altri luoghi del pianeta. Soprattutto ora...


I miei amici sparsi per varie città dell’arcipelago sono sicuro che nel 2020 sentano e vedano cose con una leggerezza che ai gai-jin (gli stranieri) è preclusa, anche in conseguenza di una maggiore conoscenza delle arti* e dei costumi nipponici che un tempo (ed in parte anche ora) erano assai sereni e rilassati nei confronti del sesso grazie anche alla positiva influenza dello Shintoismo.


A patto però, purtroppo, che non si infranga mai il tabù dell’omosessualità o che persone in carne ed ossa vengano esposte all’occhio del pubblico. Cioè esattamente quel che ha fatto Yoshiyuki. Rischiando molto.
In ogni caso, anche per i nipponici è molto complicato ed impegnativo guardarsi dall’esterno ed usare il fantomatico “terzo occhio”. Difatti, KY è stato l’unico a fare quello che ha fatto. Araki, Moriyama ed i loro epigoni sono stati speciali ma in modi diversi ed in altri contesti.

KY ha scattato senza filtri e senza compromessi in alcuni degli angoli più reconditi e nascosti delle pulsioni umane. Riportandone alla luce enigmatici e provocanti frammenti.
Il suo è un invito a spingerci oltre ed a non avere paura di rischiare. Ad abbandonarci ai nostri desideri, senza giudizi o condanne. Ad essere liberi.

In un’intervista del 1980, Araki dice che “solo le persone perverse fanno buone foto” e poi chiede a Yoshiyuki se anche lui lo è. La sua risposta è emblematica: “penso di essere assolutamente normale ma credo che ognuno di noi sia un po’ perverso”.

 

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Untitled © Kohei Yoshiyuki

 

* A tale riguardo, basti pensare che il più illustre creatore di stampe erotiche, le shun-ga, fu quell’amatissimo Hokusai poi conosciuto in Occidente per le sue poetiche e soavi 36 vedute del Monte Fuji.

 

🔎 Fonti e approfondimenti

https://en.wikipedia.org/wiki/Kohei_Yoshiyuki
https://www.artsy.net/article/artsy-editorial-photographer-kohei- yoshiyukis-the-park-cult-phenomenon
https://www.yossimilo.com/artists/kohei-yoshiyuki/publications
https://www.yossimilo.com/content/1-artists/30-kohei-yoshiyuki/2-press/ kohei_yoshiyuki-press.pdf
https://phroommagazine.com/the-park-kohei-yoshiyuki/#top
https://www.radiusbooks.org/all-books/p/kohei-yoshiyuki-the-park? rq=the%20park
https://www.youtube.com/watch?v=TUaiXNd_cuQ

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